mercoledì 30 novembre 2011

sacro e profano

Ieri abbiamo partecipato a una celebrazione religiosa molto sentita a Termini Imerese, l'esposizione dell'Immacolata. Ogni anno il 29 novembre la statua della Madonna viene fatta uscire dalla cappella della Chiesa Madre per essere mostrata ai fedeli radunati davanti alla chiesa. A suggerirci di fare delle riprese durante la celebrazione sono stati Michele e Salvatore. Salvatore ci dice che l'anno scorso ha sostenuto sulle proprie spalle la portantina della statua insieme ad altri operai.
In una piazza immersa nel sole (con una temperatura simile più al clima di maggio che a quello di fine novembre) i nostri amici sono di nuovo insieme, come durante le assemblee e le riunioni sindacali di questi giorni. Nonostante la diversa atmosfera, il momento viene vissuto forse con altrettanta partecipazione e spirito di gruppo. Salvatore è quasi toccante mentre corre verso la statua che ci passa davanti a pochi metri di distanza e vi appoggia un fazzolettino di carta che si è appena fatto dare da un amico. - Quando torno a casa lo do a mia madre perché se lo passi sugli occhi, forse questo l'aiuterà a recuperare la vista. La Madonna ci aiuterà anche a noi operai, perché non fa distinzioni per nessuno. E ha ragione, siamo tutti uguali. - ci dice con sincerità quasi infantile. Capisco che per questi ragazzi l'aiuto della Madonna è qualcosa in cui credono davvero, forse con maggiore fiducia rispetto all'intervento dei politici o dei sindacati. Tutto ciò mi sembra curioso, ma non riesco a restare indifferente nell'osservare l'autenticità del loro sentimento. Penso ai motivi che li spinge a non fidarsi della politica e se rifletto su quanto ho sentito raccontare in questi giorni credo di cominciare a capire. 

La sera precedente ho assistito a un altro momento particolare, quando siamo andati a vedere gli stessi ragazzi mentre costruivano il presepe parrocchiale. Da due mesi a questa parte si ritrovano quasi ogni sera per lavorare a questa imponente e genuina rappresentazione della natalità. Molte delle statuine e delle casette vengono costruite da loro a mano. Osservo Davide che usa il trapano per sistemare una palma sul piedistallo di un'abitazione e nelle sue mani vedo tutta la perizia del bravo artigiano, i gesti precisi e naturali dell'operaio che sa come usare materiali e strumenti. Mi chiedo se per questi ragazzi il gigantesco presepe (dentro il quale si muovono come fossero essi stessi statuine) oggi rappresenti non solo un momento distensivo e spiritualmente significativo, ma anche un'occasione per mettersi all'opera usando le mani e le braccia proprio come farebbero in fabbrica. Alcuni di loro sono fermi da un paio d'anni in cassa integrazione e il presepe è forse una delle tante occasioni per esprimere, quasi sfogare, un grande desiderio di lavoro. 


Dopo la parentesi "spirituale" andiamo nella zona industriale per fare delle riprese che probabilmente inseriremo nel documentario tra le diverse storie dei personaggi. Entriamo in un capannone abbandonato che sembra quasi lo scheletro di un antico essere vivente. Somiglia ai resti pachidermici di un dinosauro. Al suo interno ci sono tracce del suo vissuto, ma anche degli svariati modi in cui è stato utilizzato dopo che il suo cuore ha cessato di battere. Disegni di bambini (una roulotte con un bimbo sorridente accanto, tracciati con un segno nero, mi fanno pensare a figli di famiglie nomadi), un piccolo laghetto (creatosi per l'acqua piovana), enormi cumuli di escrementi di uccelli... passo dopo passo compaiono gli spettri degli esseri che lì dentro hanno vissuto. Forse questo grande relitto non è morto. Mano a mano che mi ci addentro il grande pachiderma addormentato sembra inghiottirmi e a un certo punto mi sento piccola e smarrita come dentro la pancia della balena. Intorno a me ogni rumore diventa sinistro... ma poi scopro che quel fruscio era solo lo sbattere d'ali di un uccello spaventato dai miei passi, e quello scricchiolio erano gli innumerevoli pezzi di vetro che sto calpestando, crollati a terra (chissà perché) dalle enormi finestre. Un suono più forte degli altri mi fa pensare al rumore delle gigantesche pareti metalliche di una nave che affonda. Guardo in alto. Fra le lamiere del tetto si aprono squarci di cielo. Quel rumore è stato provocato da un grande pezzo di lamiera che oscilla in bilico tra le travi. Decido di uscire. Fuori mi ritrovo sulla grande distesa di cemento sovrastata dal cielo aperto. Però mi manca ancora l'aria, ispessita com'è dai fumi delle ciminiere.


Nessun commento:

Posta un commento